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Ascoli Piceno

Ascoli Piceno: il re dei versi di Federico II e il privilegio del Porto

Attorno all'XI secolo la Cattedrale di Ascoli Piceno segna il fiorire di una nuova epoca di splendore. Il potere del vescovo fu protetto dagli imperatori e ampliato con un vasto territorio dalla valle del Tronto agli Appennini.

L'istituzione della scuola vescovile cittadina permise la formazione di uomini di cultura che ricoprirono importanti incarichi presso gli imperatori Svevi come Berardo da Ascoli, cappellano e stimato medico di famiglia di Enrico VI, e Gualtiero d'Ascoli magister di grammatica presso la neonata Università di Napoli fondata proprio da Federico II. Alunno di questa prestigiosa scuola fu probabilmente anche Guglielmo Divini da Lisciano che compose un carme encomiastico in volgare di 100 versi per la visita ufficiale di Enrico VI e Costanza d'Altavilla, da poco sposi, ad Ascoli Piceno nel 1187. Il talento letterario dell'ascolano fece braccia nel cuore dei sovrani tanto che lo condussero con loro alla corte di Palermo dove, qualche anno più tardi, il quindicenne Federico II lo soprannominò "re dei versi". Il ruolo di Guglielmo presso la corte siciliana fu sicuramente di primo piano tanto che la stessa Costanza d'Altavilla firmò un diploma con cui confermò al Vescovo di Ascoli Piceno tutti i privilegi passati; una concessione fatta su invito di Bernardo, vescovo di Messina, e di Guglielmo di Lisciano che l'imperatrice definisce fidelis noster.

Lo storico Benedetto Leopardi di Monte San Pietrangeli ha fatto nascere una fantasiosa leggenda, che ha il sapore di un pettegolezzo medievale, narrando come tra Costanza d’Altavilla e Guglielmo ci fosse una amore segreto tutt'altro che platonico perché ne sarebbe nato lo stesso Federico II.

Delle opere di Guglielmo non sono rimaste tracce e nemmeno il motivo per cui lasciò scuola siciliana per tornare nelle Marche dove, secondo alcune fonti, incontrò San Francesco a San Severino Marche attorno al 1212. Il Santo gli impose il nome Pacifico - pacificato con il mondo - dopo la sua conversione. Con San Francesco ebbe una profonda amicizia e probabilmente fu coinvolto nella stesura di qualche parte del Cantico di Frate Sole sia per le sue riconosciute doti letterarie, sia per le gravi condizioni di salute del santo di Assisi nel momento della composizione del cantico.

Nella lotta tra filoimperiali e filopapali la città di Ascoli si schierò a favore del papa, ma le truppe di Federico II non lasciarono scampo. Un primo, inutile, assedio si concluse nel 1240 con l'imperatore accampato fuori dalle mura assieme a suo figlio Enzo e con una parte dell'esercito guidato dal fido Rainaldo d'Acquaviva che tenta di sottomettere anche i castelli di Ascoli. Tra questi il castello di Montedinove che riuscì a resistere all’attacco ribattezzando Porta della Vittoria l’ingresso al Paese.

Nel 1242 si verificò il secondo assedio e questa volta Ascoli Piceno cadde nella mani degli Svevi. L'esercito saccheggiò e incendiò la città; la tradizione racconta che delle 200 torri di Ascoli ne rimasero solo 90.

La forzata fedeltà all'imperatore aprì un periodo d'oro per la città picena che conobbe un'importante crescita demografica ed economica con la costruzione di ben 15 chiese, Piazza Arringo, Palazzo del Comune e le torri gentilizie.

Federico II concesse ad Ascoli anche la costruzione del "porto e la riva della foce del Tronto fino ai confini con San Benedetto", il castello di Monte Cretaccio (oggi nel comune di San Benedetto del Tronto) e Monteprandone con le connesse pertinenze. La costruzione del porto di Ascoli, fu all'origine della rottura, mai più sanata, con Fermo che deteneva l'esclusiva della costa. Ascoli, forte del privilegio federiciano, costruì una grandiosa fortezza di cui oggi rimane una sola torre detta guelfa e inglobata in una villa privata, ma in origine, secondo le memorie del cronista fermano Antonio di Nicolò, era dotata di due torri massime e 7 torrioni con più di 70 merli. Nel 1348 Gentile da Mogliano, a capo dell'esercito fermano, la rase al suolo lasciando solo la torre maggiore.

Una curiosità legata agli Svevi: a Castel Trosino, frazione di Ascoli Piceno, si racconta che Manfredi, figlio di Federico II, avesse una sua residenza. Nel centro del piccolo e affascinante borgo, una casa in pietra con una loggetta al primo piano, è ancor oggi chiamata "Casa di Re Manfrì" ed è legata a due versioni della stessa leggenda. La prima racconta che lo svevo abbia soggiornato qui per alcuni mesi, la seconda sostiene che la casa fosse l'abitazione di una bellissima fanciulla di cui Manfredi si era perdutamente innamorato e con la quale ebbe una breve ma intensa storia d'amore.

Ascoli Piceno. Percorso storico artistico

Fu un importante capitale del piceno romano di cui restano il Ponte di Solestà, ad un solo arco, la Porta Gemina e il teatro, ma è soprattutto l'architettura romanica a rendere speciale questa città di travertino bianco austera e affascinante. Nel medioevo conobbe uno splendore senza pari e la città crebbe sull'impianto romano con torri gentilizie alte e quadrate a cui si aggiunsero in perfetto equilibrio edifici rinascimentali severi ed essenziali. La complessa architettura del Palazzo Comunale che ingloba due edifici, Palazzo dell'Arengo Nuovo e Vecchio, si muove abilmente tra forme romaniche e rinascimentali, qui ha sede la Pinacoteca Civica uno scrigno di opere disposte nelle sezioni arte antica e moderna che annoverano nomi come Cola dell'Amatrice, Guercino, Simone de Magistris, Carlo Maratta, Pietro da Cortona, Guido Reni, Turner, Morelli, Palazzi, Celentano, Pellizza da Volpedo, De Carolis. A Palazzo Panichi è allestito il Museo Archeologico con reperti che vanno dalla preistoria all'epoca romana. Nella stessa piazza dell'Arringo si trova anche Palazzo Vescovile con il Museo Diocesano e le famose opere di Carlo e Vittore Crivelli, Pietro Alemanno e Cola dall'Amatrice. Il Duomo, dedicato a Sant'Emidio, nasce nel V secolo e presenta un'imponente facciata disegnata da Cola dell'Amatrice che ha inglobato due torri romaniche precedenti. L’interno è ha tre navate divise da pilastri ottagonali e custodisce un Polittico di Carlo Crivelli. Emblema di Ascoli è la bianca Piazza del Popolo che segue l'ordine rinascimentale nel rincorrersi degli archi della loggia dei Mercanti con il famoso Caffè Meletti, del 1907, dal fascino liberty.

Qui campeggiano il Palazzo dei Capitani, risistemato da Cola dell'Amatrice nel 1535, e la chiesa di San Francesco del 1300 con tre portali gotici di sentore veneziano. La chiesa di San Gregorio Magno del XIII secolo fu una delle più potenti e conserva il suo stile romanico nell'altera facciata.

Il Palazzetto Longobardo con la Torre degli Ercolani rappresentano il caratteristico palatium-torris del Medioevo. Appena fuori dal centro si trova il Forte Malatesta, rinnovato da Antonio da Sangallo il Giovane nel 1549. Imponente e poderoso nella sua forma squadrata con pianta a stella irregolare, ospita il Museo dell'Alto Medioevo con tutte le testimonianze storiche dalla città di Ascoli, di Acquasanta e di Castel Trosino dove fu scoperta una necropoli longobarda con corredi funerari di rara ricchezza. Non va tralasciato il famoso Ponte di Cecco con due arcate asimmetriche che la leggenda vuole sia stato costruito in una sola notte dall'astrologo e filosofo Cecco d’Ascoli, ma il vero autore fu un altro Cecco: il Mastro Cecco Aprutino.

L'IME - Istituto Marchigiano di Enogastronomia vi consiglia:

Olive ascolane

La DOP Tenera Ascolana, grande e carnosa, vine provata del nocciolo e farcita con un impasto a base di carne (manzo, maiale e pollo) e poi fritta. È l'emblema culinario di Ascoli Piceno che sa conquistare proprio tutti.

La storia delle Olive Ascolane comincia nell’antica Roma, quando si facevano le olive in salamoia, il pasto quotidiano dei legionari romani che le portavano durante i lunghi viaggi. Parlano di olive ascolane in salamoia Catone, Varrone, Marziale e Petronio il quale, nel Satyricon, le colloca sulle famose tavolate di Trimalcione.

Anche Papa Sisto V riconosce la loro prelibatezza in una lettera inviata agli Anziani di Ascoli.

Garibaldi, dopo averle assaggiate il 25 gennaio del 1849 ad Ascoli, decise di coltivare alcune piantine di olivo a Caprera, così da poter riprodurre la Ricetta delle Olive Ascolane da solo. Secondo gli studi di Benedetto Marini, questa ricetta nasce nel 1800 quando i cuochi che lavoravano al servizio della nobiltà inventarono il ripieno delle olive per consumare le notevoli quantità e varietà di carni che avevano a disposizione. Era, infatti d’obbligo per i contadini che vivevano a mezzadria pagare delle tasse in “natura” ai proprietari del terreno.

I Vini e l'Anisetta Meletti

Tra i bianchi la Passerina di Offida DOCG annovera citazioni già dal 1600 ed è vino perfetto da abbinare ai crostacei, formaggi stagionati e alla pasticceria secca.

Il Falerio dei Colli Ascolani DOC prende il nome dalla città romana di Faleria Augusta che inviava a Roma ottimo vino, grano, olio. Perfetto con le zuppe di pesce e i fritti come le olive ascolane.

Tra i rossi il Rosso Piceno DOC e Rosso Piceno Superiore DOC sembrano essere vini molto antichi descritti dal poeta latino Polibio, che racconta di come Annibale alla volta di Roma fece massaggiare i suoi cavalli stanchi con il vino rosso della zona. Vino di carattere che merita accostamenti con carni e anche con il tartufo.

Il mistrà è d'obbligo nelle Marche. È un distillato a base di anice tra cui il pregiatissimo Anice Verde di Castignano coltivato a Castignano e Offida. Un seme dolce introdotto nella seconda metà dell’800 da Silvio Meletti che produsse la famosa Anisetta. È il distillato che dà sapore alle Marche perché si aggiunge a quasi tutti gli impasti dolci, al gelato, al caffè e in tempi moderni trova ottimi impieghi per la marinatura di alcuni pesci.

Info:

Comune di Ascoli Piceno

Vivere Ascoli Piceno

Musei di Ascoli Piceno

Museo Diocesano di Ascoli Piceno

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